lunedì 19 dicembre 2011

Fobie blog tour - ottava tappa

 



Il progetto «Fobie. Autori disadattati, “in cura da” Alessandro Greco» è una silloge di racconti che tratta, con l’arma dello humor, il tema delle fobie. Gli autori hanno scelto una fobia a piacere e redatto un racconto con un inizio, uno sviluppo e una fine, non necessariamente in quest’ordine. Il taglio dei brani è irriverente, caustico, tendente al grottesco.
Nella tappa odierna del blog tour, potrete gustare un’intervista doppia a Stefano Marino e Andrea Barillà: venghino, siori, venghino!

N.d.R. Dato che Stefano e io, a prescindere dall’indubbio talento, siamo esordienti e nessuno ha voluto intervistarci, abbiamo chiesto una cortesia al nostro giornalista immaginario, che ha accettato a patto di rimanere nell’anonimato.


Com’è andata la collaborazione con Alessandro Greco, il curatore dell’antologia?

S. M. Un disastro. Non voleva accettare il recapito del mio racconto tramite piccioni viaggiatori. Nonostante io abbia chiarito subito che sono tecnofobico. Ho dovuto buttare giù tanto di quel Diazepam, per riuscire a digitarlo tutto, non ti dico. Poi glielo inoltro via mail e il formato del file non va bene. E allora altro giro di Diazepam per convertire il file. Solo a pensarci, a quello che mi ha fatto passare, mi sento mancare.

A. B. Nel mio caso è andata abbastanza bene, ma posso capire Stefano. In prossimità della scadenza delle consegne, Greco è diventato particolarmente severo (dispotico), causandomi un principio di curatorementalefobia.


Che fobia hai scelto per il tuo racconto e perché?

S. M. Tecnofobia. Ero indeciso tra questa e fobofobia ma Sonia Dal Cason mi ha tolto dall’impiccio, scegliendo lei la seconda. Grazie tante Sonia. Più facile, far decidere agli altri. Tecnofobia, perché per ora me la cavo, ma a tendere diventerò un vecchio brontolone che si rifiuterà di utilizzare l’avanguardia della tecnica. Garantito che sarà così.

A. B. Ho scelto la counterfobia (la preferenza per una determinata fobia), perché mi piace l’idea che una persona sfrutti le proprie paure e tragga soddisfazione o addirittura piacere dalle situazioni che la spaventano, sviluppando così un metodo di convivenza con le fobie stesse.


Soffri di qualche fobia e, se sì, come la affronti?

S. M. Soffro di vertigini, è una fobia? Per il mio compleanno, un paio di anni fa, ero a Londra e la mia ragazza mi ha regalato un giro sul London Eye. Ci stavo tirando le bacchette, dentro a quella cabina del diavolo. Sai che bella figura di m. Al di là di questo, la cosa che più mi terrorizza è la solitudine. Ma ci sto lavorando, cercando di curare i rapporti. Tenermi stretto le persone che contano davvero. Andrea, tu non mi abbandonare mai, ok? Prometti!

A. B. Ho il terrore degli aerei e lo affronto evitando tassativamente di volare. Quando non posso farne a meno, una volta atterrato bacio la pista come il Papa in missione apostolica. Recentemente ho iniziato a soffrire di spreadfobia, del tutto irrazionale in quanto non ho ancora capito che cosa sia l’oggetto delle mie paturnie.
Va bene, Stefano, lo prometto. Tra fobici la solidarietà è d’obbligo.


Perché una antologia di racconti? Sono meno appassionanti dei romanzi!

S. M. Occhio perché un racconto scritto come Dio comanda è una perla. Il fatto che lo sviluppo sia più breve rispetto a un romanzo, non significa che la narrazione debba necessariamente essere semplicistica o meno articolata. Al contrario, un bel racconto è un concentrato di significati, emozioni, chiavi di lettura di quanto ci circonda. Tutto in una manciata di pagine. Stupendo, non credi? Per lo stesso motivo, mi piace tanto scrivere racconti. Perché richiedono di mantenere alto il ritmo della narrazione. Richiedono di centellinare le parole, levigare le frasi, sgrassare il significante del superfluo.

A. B. Non posso che sottoscrivere quanto detto da Stefano. La sintesi è un dono e attraverso i racconti si ha la possibilità di usufruirne, magari provando ancora più empatia.
A prescindere da questo, collega, sai bene che inizialmente il progetto prevedeva l’uscita di un’antologia di romanzi, scritti da ciascun autore che abbia dato il proprio contributo per Fobie. L’Editore Folle, Carlo Santi, esigeva che Alessandro Greco vendesse porta a porta l’enciclopedia che ne sarebbe venuta fuori e lui ha avuto una gran paura...


Ora che sei un esperto di fobie, se potessi appioppare una fobia a qualcuno, quale sarebbe e a chi la accolleresti?

S. M. Beh, beh, aspetta che preparo la lista. Augurare il male non sarà bello ma è edificante. E poi non necessariamente una fobia la si deve augurare a qualcuno con un cattivo proposito. Ci sarebbero tante cose di cui sarebbe bene essere fobici. Ma visto che sono qui in sala e mia cognata mi sta massacrando l’anima per vedere il Grande Fratello, ti tiro fuori un cliché da intellettualoide – che tu sai non sono – : un po’ di sana fobia per questa passione morbosa, impicciona, dequalificante per l’ostentazione e la spettacolarizzazione delle emozioni. Perché personalmente mi deprime. Forse parlare di telefobia sarebbe riduttivo. Diciamo impiccionofobia. Un po’ per tutti, si intende. L’ho già scritto sopra che diventerò un vecchio brontolone e fuori dal suo tempo, non è vero?

A. B. Grazie per la domanda (finalmente ho potuto dirlo, non pare vero). Dunque, in questa precisa fase dell’esistenza mi darebbe una discreta soddisfazione che le persone avide e irrimediabilmente disoneste patissero l’accumuloscelleratodiricchezzaepoterefobia.


Cosa ti aspetti da questa antologia?

S. M. Di vivere dei diritti d’autore. Mica scherzo, gli estratti che ho letto dagli altri racconti sono notevoli. Anche se mi ha fatto dannare, il Curatore non sparava fregnacce quando autocelebrava la sua raccolta. Non vedo l’ora di leggerli tutti. Sarebbe bellissimo poi conoscere gli autori. Magari alla festa per il milione di copie vendute. Tutti attorno a un tavolo, con Curatore Mentale ed Editore Folle, a condividere la cosa che – sono sicuro – per tutti è la passione più grande: buttare parole sopra a un foglio.

A. B. Dato che il collega ha tirato in ballo il vile denaro, che a me non interessa assolutamente, ne approfitterò per dichiarare che mi accontento dell’effetto terapeutico che ho sperimentato nello scrivere il racconto. Anche l’idea della cena tra autori è allettante, oltretutto Stefano non è potuto venire alla prima del libro e mi piacerebbe vederlo brillo.

 
Tutto qui?

S. M. Mi si conceda un pensiero, che per chi mi conosce sa che non è una leccata di culo. Ad Ale, c’è davvero da essere soddisfatti per il lavoro che hai fatto. Alle persone che sono la CIESSE edizioni, grazie per averci creduto. In me e in tutto.

A. B. Certo, che è tutto qui: ho appena recitato l’elogio della sintesi!



Il Fobie Blog Tour continuerà con la nona tappa mercoledì 21 dicembre, sul portale Web dell’Editore Folle.



lunedì 20 giugno 2011

Nascita.

... Solo allora si ricordò del marito, spettatore ammutolito di fronte alla grandiosità degli eventi. Nel momento in cui voltò la testa, vide le stesse, potenti sensazioni trasparire dallo sguardo di Enrique, che durante la gravidanza aveva dormito al suo fianco con un occhio aperto ed entrambe le orecchie tese; la sua era l’espressione sfavillante di chi abbia contribuito a realizzare qualcosa d’immenso, di quanti si siano impegnati per fare del loro meglio, immedesimandosi appieno in un’altra persona. Cercò con insistenza gli occhi estasiati, inorgogliti. Quando se ne accorse, il compagno interruppe la contemplazione e le posò una mano sulla spalla madida di sudore. Nello stesso tempo sfiorò con cautela la schiena del fagotto, dando origine ideale a un cerchio perfetto, il cui piccolo arco mancante era miracolosamente giunto.
«È un bel maschietto.»
«Lo vedo» rispose con voce rotta.
«È perfettamente sano, anche se la sua nascita rappresenta qualcosa d’indiscutibilmente inusuale» aggiunse il dottor Delgado, scosso nonostante l’esperienza ventennale gli imponesse di sposare la calma.
«L’importante è che sia qui, in salute» replicò annuendo decisa, rivolta più a se stessa che al ginecologo.
«Dobbiamo procedere con i primi controlli sul neonato» proseguì il medico. Enrique gl’indirizzò uno sguardo speranzoso. «Se vuole, può accompagnare l’infermiera» lo accontentò Delgado. Il padre assentì grato, poi diresse un’occhiata altrettanto ottimista verso Danita.
 
Tratto dal romanzo "Antipodi", di Andrea Barillà, edito da CIESSE Edizioni.

domenica 19 giugno 2011

Al cellulare.

... «Sebastiano?»
«No, signora Nai: sono il dottor Tabelli.»
Lei sentì un brivido attraversarle la colonna vertebrale.
«Dov’è mio marito?»
«Speravo me lo dicesse lei. Ha lasciato la redazione due ore fa, subito dopo avermi mandato a quel paese.»
Milena rimase pietrificata.
«Sta dicendo sul serio?»
«Sì.»
«Dov’è andato?»
«Come sopra. Quando lo vede, gli dica che – se ritiene – può contattarmi per porgere le scuse a me e ai coll…»
«Grazie, dottor Tabelli, riferirò senz’altro» lo interruppe portando una mano alla fronte. Quindi si mise a singhiozzare tra l’indifferenza dei passanti. Allorché la crisi fu superata, rialzò lo sguardo e vide transitare quattro camionette verdi. Il pensiero di Luca tornò a essere predominante; doveva raggiungerlo al più presto, per poi elaborare un ragionamento lucido. Il cellulare iniziò a squillare facendola sobbalzare.
 
 
Tratto dal romanzo "Sette giorni", di Andrea Barillà, edito da CIESSE Edizioni.

venerdì 17 giugno 2011

Alter ego.

... L’altro entrò in casa ghignante. Il pendolo alla parete si arrestò. La madre lo attendeva nella sala, le dita delle mani intrecciate. «Il tempo è giunto, figlio mio» mormorò inginocchiandosi. Poi scoppiò in lacrime. Lui avanzò tendendole la mano. La donna l’agguantò e la baciò con foga, bagnandola del proprio pianto.
«Sì. Finalmente.»
Mentre rispondeva alla madre china di fronte a sé, le iridi s’iniettarono di sangue e le pupille, nonostante la penombra, si fecero piccole come quelle di un gatto alla piena luce del sole. Il potere non era mai stato così grande. La necessità di manifestarlo mai così urgente. Il padre fece capolino alle loro spalle e, osservata la scena, scappò in camera da letto. Quando vi giunse, trafelato, estrasse dal comodino un rosario che iniziò a sgranare febbrilmente, nella speranza che le preghiere potessero compensare la sua insanabile codardia e, il Signore li aiutasse, impedire l’inevitabile. Nel frattempo la casa incominciò a tremare fin nelle fondamenta.
 
Tratto dalla raccolta di racconti "Le inclusioni del diamante", di Andrea Barillà, edito da CIESSE Edizioni.

giovedì 16 giugno 2011

Claustrofobia.

... Un senso di claustrofobia soffocante lo aggredì repentino, accendendogli nel petto la fiamma del panico. Lo associò al ricordo confuso dell’unica crisi di ansia che lo avesse mai colpito. Si trovava a lezione in Università. Senza il minimo preavviso aveva avvertito l’esigenza frenetica di fuggire; incapace di trattenersi, era sfrecciato fuori dell’aula neanche avesse visto una legione di fantasmi. Giunto in strada, i nervi si erano distesi in fretta e allora si era costretto a sorridere per esorcizzare l’accaduto. Lo stesso tipo di sorriso che adesso risorgeva sul volto, però fiacco e gravato dalla cinica consapevolezza che, quanto sperimentato ora, avesse origini del tutto diverse: questa volta non esisteva alcuna possibilità di fuga.
Fu squassato da un tremori violenti e incontrollabili. L’eventualità di morire lentamente, murato vivo in un freezer naturale a misura d’uomo, si prospettava a un orizzonte troppo attiguo. Pensò al sogno dal quale era appena uscito per ritrovarsi in un incubo addirittura peggiore. La pulsione omicida si era dispersa come fumo nel vento. Adesso provava solo il desiderio di contemplare per un ultima volta il sorriso di Luisa.
 
 
Tratto dalla raccolta di racconti "Le inclusioni del diamante", di Andrea Barillà, edito da CIESSE Edizioni.