sabato 28 maggio 2011

Dopo sbronza.

... Al risveglio si chiese se per caso avesse trascorso la serata a un concerto di death metal: il cervello batteva contro il cranio nel tentativo di crearsi ulteriore spazio e le orecchie ronzavano incessantemente, come se avesse passato ore intere di fianco a un muro di amplificatori. L’emicrania però era di un genere diverso; non gli pareva di avere sognato, perciò doveva essere il classico mal di testa da sbronza intercontinentale.
Tentò di alzarsi. Comprese che l’operazione sarebbe stata più complessa del previsto. Si posizionò su un fianco, in attesa che le percussioni smettessero di proporre bis a iosa. Trascorsi cinque minuti si sentì meglio; quantomeno riusciva a tenere gli occhi aperti senza che aghi di luce li trafiggessero, simili a un tormento infernale.
Non rammentava nulla di quanto successo. I ricordi arrivavano fino al momento in cui aveva lasciato casa dei suoi, poi la strada asfaltata della memoria s’interrompeva innanzi a un precipizio nascosto da una coltre di bruma. Una bottiglia vuota giaceva sul pavimento, indizio impietoso di quanto accaduto. Doveva averci dato parecchio dentro, perché lui con le tapparelle sollevate non riusciva a dormire e in quel momento il bagliore invadeva la camera senza incontrare ostacoli. Concluse che, con ogni probabilità, una volta terminato il baccanale solitario si era trascinato sui gomiti fino al giaciglio, dove aveva perso i sensi.
Concesse una sbirciata al proprio corpo mantenendo immobile la testa; manovrare gli occhi verso il basso gli provocò una fitta di dolore, però gli permise di accertare che in effetti era ancora vestito di tutto punto.
Elementare, Watson. Chiamatemi aquila rossa, non per il piumaggio purpureo ma per la devozione al nettare degli dei.


Tratto dal romanzo "Antipodi", di Andrea Barillà, edito da CIESSE Edizioni.

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