lunedì 23 maggio 2011

Il collega.

... «Nai! Non sono incappato in nessun maremoto, stamani.»
Sebastiano trasalì. Era il tono di voce intimidatorio di Querci.
«Buondì, Nazario» rispose proseguendo verso la scrivania. L’altro lo seguì guardandolo con disprezzo.
«Buongiorno un cazzo. Oggi è lunedì. Quale altra balla inventerai per pretendere lo stipendio e rubare l’aumento destinato ai veri giornalisti?»
Lui sospirò prima di voltarsi. L’aspetto di Querci era di un pugile suonato. Anche lui era sulla quarantina, era alto poco meno di Sebastiano e possedeva un fisico asciutto nonché robusto, salvo il ventre, testimone di una radicata passione per le bevande alcoliche. Il volto era una maschera di marmo, al cui interno trovavano posto gli occhietti perfidi e il naso spianato da una serie infinita di colpi ricevuti. Nazario aveva indossato i guantoni a livello dilettantistico, ma l’esperienza non aveva per niente contribuito ad attenuarne la rabbia. Come tutti i componenti della redazione, lui lo temeva e molto, perciò cercava di tenerlo a distanza; Querci, però, aveva individuato in Sebastiano il bersaglio ideale per dare sfogo alle frustrazioni.

Tratto dal romanzo "Sette giorni", di Andrea Barillà, edito da CIESSE Edizioni.

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